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lina; povera mamma! non se l’aspettava, no, la bella notizia che ero per darle!

Eppoi, volete che ve ne dica una, bambini miei?

Già ho promesso fin dal principio di questa storia d’esser sincero e ne vada pure qualunque cosa, sarò. Quando si è data una parola, bisogna mantenerla a ogni costo.

Dovete dunque sapere, che in mezzo al dolore di lasciar la famigliola, la Marietta e quel mio caro luogo natale, sentivo anche una gran compiacenza nel dover mutar vita. E che mutamento era quello che si preparava per me! Dalla campagna alla città, da una casa di contadini al palazzo d’un signore, e da un casotto rustico e disadorno a un pollaio elegante e spazioso.

E la soddisfazione di diventare un signore e di guardar d’alto in basso tutti i polli campagnuoli, c’era da contarla per nulla?

E il piacere di venire ogni tanto a salutar la mamma e di tenerle un linguaggio più scelto e grazioso, doveva forse essermi indifferente?

Eh via! Ce n’era più di quel che bisognava per far girar la testa ad una povera bestiolina inesperta com’ero io!

Detti la gran notizia alla mamma, tremando, balbettando e facendo grandi sforzi per nasconderle l’interna mia compiacenza.

Ma essa, ahimè, se ne avvide: già di che cosa non s’avvedono le madri affettuose?

Crollò il capo, schiamazzò un paio di volte con aria di dubbio, e dopo avermi guardato ben bene negli occhi, quasi avesse voluto leggermi dentro, esclamò: