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gallo solo con due teste; si sbatacchiarono contro iferri della ringhiera, si corsero dietro; cascarono, strisciarono, svolazzarono; e via, via, i colpi si fecero più fitti, le penne della testa se ne andarono, i colli divennero di fuoco e sanguinarono che era una pietà.

Poi presero a punzecchiarsi nel capo, intorno agli occhi, negli occhi; si scorticarono con la furia di due matti che abbiano paura di esser divisi; pareva che lo sapessero que’ disgraziati, che uno dei due doveva morire. Non c’era pericolo che si lamentassero; si sentiva solamente il fruscio dell’ali agitate e delle penne che si rompevano. Non c’era un minuto di riposo, era una lotta disperata, che menava diritto alla morte. —

A questo punto del racconto, io mi sentivo morire dalla compassione; non la pigliavo con quelle povere bestie, chè dicerto loro non ci avevano che fare; chi mi faceva proprio rabbia erano i cattivi che permettevano quelle stragi e più ancora quegli altri che le stavano a vedere, seduti comodamente, col sorriso sulle labbra e con la stessa tranquillità con la quale si assiste a un bel desinare.

La Marietta, che per buon cuore non era seconda a nessuno, non potè trattenersi anche lei dal dire al signor Alberto:

— Ma sa, signorino mio, che in codesto paese gli uomini devono star molto male a cuore? O come si fa a star a vedere con indifferenza quegli orrori? Mi pare impossibile che lei ci potesse resistere, bonino com’è....

— Oh! sta’ zitta, — continuò sospirando Alberto — quando ci penso mi sento venir la pelle d’oca. Ma