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V.

Gastigo.

I miei lettori non dureranno fatica a figurarsi la disperazione in cui mi lanciò la fuga improvvisa del galletto.

Sul primo lo richiamai con quanto fiato avevo in gola, piansi, mi raccomandai, ma inutilmente; egli non mi poteva più sentire.

— Ohe fare, che fare? — dicevo fra me singhiozzando; — oh la mamma! —

Qui parrà ch’io,mi voglia lodare, ma confesso a onor del vero, che più della paura mi straziava il rimorso di aver disobbedito mia madre, la quale, poveretta, chi sa in quali angustie stava per cagion mia!

Feci di tutto per veder di raccapezzar la strada; non ci riuscii.

Dappertutto alberi, viottole, viti, e null’altro che potesse darmi qualche indizio del luogo in cui mi trovavo.

Almeno fosse durato il bel tempo! Ma nossignore, che in cielo, a giudicarne da’grossi nuvoloni e dall’aria umida e pesante, stava preparandosi un gran rovescio d’acqua.

— La vuol andar benino davvero: — dicevo fra me e me, guardando intanto se mi veniva fatto di trovare qualche posticino elevato dal suolo per potermi accomodare alla meglio a pollaio.

Ma sì! Ebbi un bel guardare in qua e in là; non vedevo nulla, assolutamente nulla, fuorché alberoni