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e basta. Ecco quel che ho fatto! La Bita, la moglie del campanaio morto, non aveva da pagar la pigione, e ieri la venne a pianger da me per sentire se le prestavo qualche quattrino tanto per dare un acconto al padron di casa. Povera donna! mezza malata, con quattro creature piccine, era una gran passione a sentirla singhiozzare a quel modo. I’ gli dissi: «Sentite, Bita, io di quattrini non mi posso spropriare, nè di roba; quel po’ di vezzo di corallo lo detti alla Teresina quando fu sposa; non mi resta che questa casuccia; s’ i’ fossi ricca e senza figliuoli ve la potrei regalare; ma anch’io, pur troppo, non ho nulla da buttar via: però, finchè campo io, fate conto che la casa sia vostra; tornateci co’ vostri figliuoli e non pensate più a guai. Ricordatevi di pagar le tasse al Municipio; e poi, se avrete qualche quattrinello d’avanzo me lo darete, e se no, per ora ne farò a meno.» —

Quanto, bambini miei, quanto in quel momento mi dispiacque di non essere che un povero pulcino! Chi sa quel che avrei dato per avere un paio di braccia come avete voi! E sapete quel che avrei voluto farne delle braccia? Buttarle al collo di quella buona vecchina.

Anche la Tonia era commossa; si vedeva dai suoi occhioni lustri lustri.

— E nella casa dunque....

— C’è tornata la Bita co’ suoi figliuoli, — rispose sospirando la Lena. — E glie l’ho raccomandata, sapete? E’ ci son nati tutti i mi’ ragazzi, ci è morta la mi’ socera, il mi’ marito.... Ma che ora è, il sole gli è tant’alto?