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stri pregi, non con l’intenzione di farci de’ complimenti, come semplicemente avevo creduto, ma bensì per trovar de’ compratori.

Indegno!

Si avvicinò intanto una serva, con un gran paniere in braccio, da cui faceva capolino un enorme zampone e un mazzo di spinaci.

― Quanto ne volete di questo capponcello? ― diss’ella stazzonando il povero Cocò, che mi guardava con aria compassionevole.

― La mi darà quattro lire, e farà un buon affare.

― Misericordia! O che credete voi ch’e’ si vadano a rubare i quattrini?

― O quanto la mi darebbe?

― Tre lire e basta.

― Gli è poco, ma via, tanto per cominciare e’ si farà anche questa. ―

E Cocò fu venduto. Povero Cocò!

― Signori, ci ho un gallettino tenero come l’acqua. A poco!... a poco!... a poco!... ―

Si avvicinò un ometto grasso bracàto, con gli occhiali turchini sul naso e un grande ombrellone di tela sotto il braccio.

― Vediamolo, il vostro gallettino, ― diss’egli, rivolgendosi al mio conduttore.

Lo sciagurato mi messe in mostra, ed io strinsi subito amicizia col mio futuro compratore, dandogli una bella beccata sul dito pollice.

― Ahi! E quanto ne chiedete?

― Ci si accomoderà, sor padrone....

― No, no, dovete dirmi il vostro avere.

― La mi darà due lire e mezzo. È contento?