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Biagio metteva tanto calore a difender que’ cattivoni, come avrebbe potuto far del male a dei polli innocenti? Non vi pare?

Approvammo col capo.

― Del resto, ― continuò il cappone ― era un uomo pacifico e puntuale quanto mai; alle sue ore si levava, alle sue ore tornava a casa, e non c’era caso che sgarrasse mai un minuto.

La Caterina, così si chiamava la serva, non faceva altro che lodarsene, del suo padrone.

Sfido io a far diversamente! Chi si sarebbe mai aspettato che sotto quel faccione di luna piena e sotto que’ modi giovialoni si nascondesse un cor di macigno?

Il sor Biagio ci voleva bene a tutt’e tre, ma la sua prediletta era la mamma, e più che ci si avvicinava alla primavera e per conseguenza al giorno di Pasqua, le attenzioni che l’avvocato aveva per lei erano tali e tante, che alla mia sorellina ed a me parevano perfino un po’ esagerate; figuratevi che per la mamma non si trattava più di mangiar crusca pan molle; quella era roba per noi; a lei la Caterina, per ordine del sor Biagio, s’intende, dava delle brave cucchiaiate di riso cotto nel latte! a lei noci, a lei mandorle; anzi, ve lo devo dire o no?

Ve lo dirò, affinchè conosciate meglio la perfida dissimulazione di lui.

La mamma, incoraggiata da quelle moine, si attentava a beccargli fin sulla bocca il pinòlo che l’avvocato le porgeva stretto fra i labbri; e l’innocente gallina non dubitava, neanche per ombra, che sotto tali smorfie ci covasse un mistero.