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que bambino esperto in ginnastica, mi trovai nella stanzina di cui potei ammirare a mio bell’agio le più minute e graziose particolarità. Di lì entrai in camera, senza porre troppa attenzione a un certo rumore che di tratto in tratto si rinnovava. Sapete che cosa c’era di nuovo?
Un canino piccolo, di quelli cuccioli, se ne stava sotto il letto, esercitando i suoi dentini sopra uno stivaletto di raso turco. Lo vidi attraverso la trina della coperta, e mi ritirai prudentemente indietro; con quelle bestiòle non c’è mai da sapere quel che può succedere.
Cercavo di ritornar dall’uscio per cui ero venuto, allorchè un nuovo invasore entrò saltellando nella stanza. Era nientemeno che il gatto di casa, un gattino bianco, piccino, tutto stizza. Non c’era più modo d’uscire, senza espormi a gravissimi pericoli. Mi rincantucciai senza fiato dietro una poltrona, e stetti a osservare.
Il cuore mi batteva lesto lesto, forse come batterà a voi, o bambini, allorchè vi presenterete a scuola senza aver fatta la lezione.
Il gattino, sempre saltellando, penetrò sotto il letto, e lascio immaginare a’ lettori che razza di battaglia s’impegnasse allora fra’ due campioni.
Già si sa; quando si vuol raccontare di due persone che non stanno d’accordo, si dice comunemente: e’ son come cane e gatto.
E le nostre bestiòle, non dubitate, no, fecero onore al proverbio. Che diavoleto! Fu un fruscìo, un mugolìo da non potersi descrivere; lo stivaletto lo mandavano da Erode a Pilato; ora se ne impadroniva il gattino