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zoso, che faceva venir proprio la rabbia a vederlo; ma alla padrona le voleva un gran bene, e lei a lui; figurati che quando mettevano la minestra in tavola, il passerotto non faceva discorsi; con un volo si slanciava anche lui sulla tavola, e si metteva a beccucchiar ne’ piatti, che era una vera indecenza.

Ma le padrone, anzi, gli facevano un monte di feste e un giorno che, vittima della propria gola, cascò nella zuppiera la quale fortunatamente non conteneva che un po’ di minestra asciutta quasi fredda, sai quel che successe? La Teresina cominciò a piangere e strepitare, e ci volle del buono e del bello per farle capire che il suo protetto non s’era fatto alcun male.

Le cose andavano di questo passo, allorchè feci entratura in casa. Se tutte quelle giuccherie mi dettero nell’occhio e mi fecero stizzire, immaginatelo.

― Oh io poi, ― risposi subito ― non me ne sarei curato punto; avrei lasciato fare e mi sarei dato ogni cura di compiere puntualmente il mio dovere, acciocchè la padroncina, col tempo, avesse preso a benvolere anche me.

― Dopo tutti gli altri, eh? Bel gusto!

― Ma scusa, quegli altri c’erano avanti di te, ed era giusta che a loro volesse un po’ più di bene....

― Sì, eh? Come si vede che ragioni proprio da quello stupido che sei.

― Che discorsi son questi? ― interruppi io tutto risentito.

― Via, via, ― riprese con più dolcezza il galletto ― non mi fare il permaloso, ma piuttosto sta’ bene attento alle mie parole: Chi sono più utili, i polli o gli uccellini?