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bambina si conserva sempre buona e affettuosa; siccome fu lei che regalò cotesto galletto al mio Alberto, così, quando le scriveremo, le diremo in quali mani è capitato, e son persuasa che questa notizia le farà molto piacere. Ora, cari miei, vi saluto proprio davvero e me ne vado, che è tardi.―

E scambiata una stretta di mano co’ miei padroni, la signora e il signorino uscirono.

Io rimasi un po’ triste; ma il piacere d’averli rivisti e d’aver saputo le nuove della Marietta, dissiparono presto la mia malinconia, e mi ritornarono quel vispo gallettino che ero sempre stato.

Il pensiero però che non mi ha lasciato mai e che non sarà per lasciarmi finchè vivo, è quello della povera madre mia, che non rivedrò più. Quando penso che alcune volte l’ho fatta star male, quando penso a tutte le inquietudini che le ho date, mi si serra il cuore dal dolore e dal pentimento.

Povera mamma! Mi par sempre di vederla e di ascoltare la sua dolce e cara voce; certo, in questa casa non mi manca nulla, tutti mi vogliono bene e non ho da stare in guardia contro le persecuzioni di cani o di gatti; ma ve la devo dire, proprio come la sento, lettori miei? Vorrei patire ogni disagio e anche la fame, pur di rivedere le mie compagne, il mio pollaio, la mia mamma!

― Cara mamma, vorrei dirle, eccomi di ritorno, ma mutato assai da quello di prima, sa? Non dubiti che l’ho avuta la vita cittadina! Ne’ palazzi de’ signori ci si mangerà forse meglio e saremo alloggiati con più lusso; ma la pace che si gode fra’ campi, lì non c’è dicerto, e lei, quando mi raccontava del topo campa-