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Alla fine del 1925 la Prima Casa Produttrice Cinematografica Statale mi chiese, su iniziativa del Teatro Ebraico da Camera, una sceneggiatura sul tema tratto dal romanzo di Szalom-Alejchem «Ambulanti stelle». Il complesso teatrale doveva presentarla durante una sua tournée all’estero.
Ho accettato questa proposta ma essa mi poneva molti problemi. Solo la coscienza della responsabilità presa con la Direzione della Produzione Cinematografica Statale mi fece superare le spiacevoli impressioni che provavo durante quel lavoro su un materiale altrui e sgradevole. Il romanzo di Szalom-Alejchem è infatti un’opera piena di motivi borghesi, un’opera che non presenta nessun contenuto, da cui trarre materiale per un film. Mi ci vollero due mesi buoni per dimenticare tutto ciò che avevo letto nell’originale. Nei tre mesi seguenti, poi, mi trovai ripetutamente costretto a modificare lo schema e il piano di sviluppo composto precedentemente; gli esterni, che dovevo considerare necessari si dimostrarono ben presto un problema, ma era difficile eliminarli; cambiavano i registi e di conseguenza cambiavano anche le esigenze della realizzazione del film. Queste esigenze le consideravo in un certo senso necessarie, perché tutto il lavoro doveva essere svolto in rapporto a ciascun regista e attore.
Mi sono permesso di fare queste osservazioni prima della pubblicazione del testo, allo scopo di evitare critiche riguardanti la scelta del tema o il metodo di lavoro, nei quali mi sono trovato di fronte a previste situazioni tragiche.
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