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nell’accampamento collo Spagnolo e cogli indigeni Pedros, Erehe, Olda-Mariam, Diu, ed altri ancora, di cui non ritenni il nome.

Glaudios attese alla cucina, io mi diedi a riparare le mie vesti, assiso all’ombra di un grosso cespuglio, tranquillamente fumando la mia pipa, e, tratto tratto, motivando qualche arietta nazionale, le cui note sposavansi al soave gorgoglio degli uccelli che saltarellavano di frasca in frasca tra il medesimo cespuglio. Era questo, a parer mio, di lieto augurio per la nostra intrapresa.

Qualche tempo dopo mi alzai coll’intenzione di scandagliare le posizioni in cui ci trovavamo. Montai una dolce ascesa, in cui stavano accumulate le acque derivate dalle ultime pioggie. Da una sorgente partivano alcune piccole cateratte che andavano finalmente a recare il loro tributo al fiumicello Osch.

Mi fermai alla sommità di una roccia, appoggiato alle canne del mio facile. Di là feci attentamente le mie osservazioni, e compresi che il sito non sarebbe stato invero troppo ben scelto, avvegnacchè, nel caso di un assalto, non avremmo potuto sufficientemente difenderci, e saremmo rimasti esposti di continuo alle scorrerie dei malandrini. Girai d’altra parte e sempre più mi confermai in tale opinione.

Poco a poco discesi, e giunto all’accampamento, assistetti Glaudios nelle faccende della cucina.

Trascorsa mezz’ora dal mio ritorno, ricomparvero Stella ed i compagni dai quali apprendemmo aver essi finalmente scoperto una situazione propizia per istabilirci e fondarvi la colonia. Ivi, a loro dire, eravi anche abbondanza di pietre, ciò che avrebbe facilitato in gran parte la costruzione delle capanne. Una sorgente di