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ne. E tale fu. La famiglia era tutta ivi raccolta coi molti suoi membri, i quali sedevano intorno a noi, interrogandoci a vicenda sui nostri usi, sulle nostre abitudini, su quello che avevamo passato, su quello che intendevamo di fare.

Mentre noi rispondevamo alle loro domande, eravamo del pari seduti e fumavamo nelle nostre pipe. Grande impressione producevano specialmente nei fanciulli lo schiopettìo e la luce che si sviluppavano per lo sfregamento di alcuni zolfanelli, di cui tratto tratto ci servivamo; sicchè venivamo pregati di ripetere la prova acciò loro servisse di trastullo nel vedere le smorfie dei ragazzi ed anche di qualche adulto, che ad ogni scoppio si turavano gli orecchi; correndo poi i fanciulli a nascondersi chi tra le gambe del padre, chi in seno della madre. Ed essendomi venuto in mente ch’io possedeva uno specchietto, lo trassi dalla mia valigetta e feci sì che quei piccini vi si guardassero; della qual cosa meravigliati, ne parlavano ai propri famigliari, poi ridevano a crepapelle.

Finita la conversazione, pensammo al riposo. Ed essendoci ritirati, dopo aver preso congedo dalle donne, i maschi ci accompagnarono al sito assegnato per dormire, ove ci coricammo.

Alla mattina il capo venne ad augurarci la buona ventura, e quando ci rimettemmo in viaggio ci volle accompagnare, alla testa di una scorta d’onore, per un lungo tratto di via.

Occorre di ricordare, che, prima di partire, mentre stavamo allestendo i nostri bagagli, era giunto un indigeno da Massaua il quale aveva recato la notizia trovarsi in quelle acque una nave da guerra inglese, la quale aveva già sbarcato a Zula alquante truppe che