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Sfortunatamente tardai a seguire la piccola squadra; per cui, appena fuori della cinta, presi una via diversa e mi trovai poco dopo solo, a qualche distanza dalle piantagioni. Un tiro di fucile mi diede però a conoscere da qual parte si erano diretti i miei compagni, e con tutta celerità tentai di ricongiungermi ad essi.

Dopo un quarto d’ora di cammino, m’accorsi di qualche cosa che movevasi appresso terra, e rallentai il passo. Mano a mano però che mi avvicinava, parevami di scorgere delle forme umane; poi ravvisai che erano indigeni, ma non potevo distinguere a chi appartenessero, se ai nostri od ai nemici, inquantochè stavano distesi al suolo, col capo tutto coperto dagli scudi.

Temei subito d’un aguato, e mi fermai dietro un albero, aspettando che si alzassero, deciso anche a far fuoco e a vender cara la vita se mai mi avessero ravvisato e contassero di perdermi.

Osservando però che mai si movevano, mi feci animo, e scivolando d’albero in albero, sempre cercando di non farmi vedere, arrivai a pochi passi dai medesimi, protetto da un grande cespuglio, attraverso il quale puntai il mio fucile.

A questo mio movimento pare che avessero posto mente, dappoichè li vidi gesticolare e manovrare le lancie in atto di minaccia, quasi volessero slanciarle contro di me.

Io ero già in procinto di far fuoco, allorchè si alzarono improvvisamente e scoprirono le loro faccie. Erano dei nostri indigeni, i quali, vedendomi avanzare solo ed affannoso, avevano voluto prendersi un po’ di spasso — facendomi paura.

Mi vennero tosto incontro, tutti ridenti e festosi, acclamandomi fadab — valoroso — perchè non era fug-