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memorie biografiche 735

in paese, che si desse attorno per farlo nascere; ma sul fine di questa informazione si vede come rimanesse solennemente scornato costui. Non v’è stata una sola persona di credito cui sia venuto in mente di fare un torto di simil natura a mistriss Bargrave, e lo stesso signor Veal, più interessato di tutti nella cosa, ha unicamente supposto che mistriss Bargrave ridotta quasi a perdere la ragione dai cattivi trattamenti di un brutale marito, in un momento di delirio, abbia creduto vedere ciò che dice d’aver veduto. Ognuno scorge quant’arti si celi in queste premesse medesime. L’avere acclamato il miracolo, come noto e creduto generalmente da tutti, senza eccezione di sorta alcuna, non avrebbe contentati gli scettici tanto quanto l’avere premesso che fu impugnato e l’aver lanciato a proposito un cenno su i caratteri di coloro che lo impugnarono o su l’interesse che ebbero nel non volerlo vero. Veniamo ora al fatto.

Mistriss Bargrave e mistriss Veal, intrinsiche amiche sin dall’infanzia, si erano giurate serbarsi l’una all’altra tali fino alla morte. Nondimeno, allorchè il fratello di mistriss Veal fu fatto collettore delle tasse a Douwres, vi fu una tal qual cessazione di questa amicizia «senza per altro, dice la narratrice, alcuna positive doglianza nè per una parte nè per l’altra.» Mistriss Bargrave partita da Canterbury era venuta a stabilirsi in una casa di villaggio sua propria, e stava seduta pensando alle domestiche sue ristrettezze, quando, allo scoccar delle dodici del mattino, la sorprese l’inaspettata visita di mistriss Veal. La visitatrice in abito da cavalcare dicea d’accingersi ad un viaggio lontano; la qual cosa ne darebbe a credere che gli spiriti (perchè il fatto provò in appresso che questa mistriss Veal era soltanto l’anima di lei) abbiano a far molto cammino prima d’arrivare al luogo della loro destinazione, e che quelli almeno delle donne abbiano una pragmatica di vestito indicato per simile traslocazione. Mistriss Bargrave fece per baciare la sua visitatrice che corrispose, ma in modo che le labbra dell’una non toccarono quelle dell’altra; ciò che ne rammenta la visita che fu fatta alla sua innamorata dallo spettro di certo amante cui si riferiscono queste parole di una graziosa ballata scozzese. «Potrei entrare io nella stanza del tuo riposo? Non sono un abitatore della terra. Io baciare le tue rosee labbra? Non sarebbero lunghi i tuoi giorni1.» Incominciarono allora quel cicaleccio che è solito fra donne di mezza età e della loro condizione. I discorsi di mistriss Veal ricordarono le antiche loro conversazioni e le letture fatte in compagnia. Probabilmente l’esperienza avutane di fresco indusse mistriss Veal a parlare su la morte e su i libri che avevano trattato questo argomento; e qui pronunziò ex cathedra, cose di tutta competenza del personaggio d’un trapassato, che «il libro del Drelincourt su la morte era il migliore fra quanti ne erano stati scritti su lo stesso soggetto.» Ella commemorò ancora l’opera di un dottore Sherlock, due libri olandesi voltati in inglese, e molt’altri «ma il Drelincourt ha su la morte e su la vita avvenire nozioni più chiare di tutti coloro che tirarono a mano sì fatto argomento.» Allora domandò il libro (ei fa veramente meraviglia che non citasse nè l’edizione nè i tipi), e si diede a comentarlo con eloquenza ed effusione di cuore. Fu pur memorato con approvazione di questo spettro dilettante di critica un libro ascetico del dottor Kenrick,

  1. Vhy should come within thy bower?
         I am no earthly man.
    And should kiss thy rosy lips?
         Thy days would not be long!