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726 | memorie biografiche |
alcuni di tali aneddoti atti ad infiammare l’operosa, possente immaginazione del de Foe e ad accennarle i colori sotto cui il suo soggetto doveva essere presentato.
Il parallelo fra la soldatesca del celebre Tilly e quella dell’illustre Gustavo Adolfo è una pittura condotta con tal minuta verità che sareste tentato a crederla sol possibile per chi ne fosse stato testimonio di vista. Ma il genio del de Foe ne ha fatto vedere in questo e in quel caso com’egli sappia compiutamente padroneggiare i caratteri che imprende a descrivere.
Ecco in qual modo la cavalleria del Tilly viene dipinta:
«Io che avea veduto l’esercito del Tilly e i suoi vecchi soldati, avvezzi e agguerriti a tutte le stagioni, sì disciplinati ed esatti in tutte le loro mosse, di un coraggio le tante volte sperimentato, non poteva contemplare l’esercito sassone senza una tal quale specie d’angoscia nata dal pensare con chi questo dovea cimentarsi. Ruvidi e burberi i soldati del Tilly, portavano l’impronta del più ardimentoso coraggio nelle lor facce solcate da cicatrici e ferite; le loro armadure mostravano le ammaccature fatte dalle palle di archibugio e la ruggine dei tempestosi verni. Notai i loro panni sempre brutti di fango e l’armi loro sempre monde e lucenti. Avvezzi ad accampare all’aperto, dormivano al gelo e alla pioggia; i cavalli gagliardi e ardimentosi al pari de’ cavalieri, ben istrutti ne’ loro esercizi, i soldati sapevano sì esattamente quanto avevano a fare che l’ordine generale bastava per ciascun d’essi; ogni soldato comune era atto a comandare, le loro voltate, marce, contromarce, generali fazioni di guerra, venivano adempiute con tal buon ordine e prestezza che le distinte parole del comando divenivano quasi inutili per essi; imbaldanziti dalle vittorie sapevano appena che cosa fosse il dare addietro.»
Ecco ora qual felice antitesi la discipline di Gustavo Adolfo presenta a quella del suo nemico.
«Allorchè vidi i soldati svedesi, l’esatta loro disciplina e il buon ordine, la modestia e affabilità dei loro uficiali, il regolato vivere della soldatesca, credei quasi che quel campo fosse una bene amministrata città; l’infima fra le contadine con le sue merci che portava al mercato, passava ivi con altrettanta sicurezza quanta ne avrebbe avuta per le contrade di Vienna. Ivi non vedevate reggimenti di baldracche, come vi accadeva nell’altro campo; ivi non una donna che il proposto della milizia non avesse riconosciuta per moglie d’un soldato; e tali donne eran necessarie per lavare la biancheria, tenere conto dei panni dei militari, allestire il loro vitto.
I soldati erano ben vestiti, ma non con isfarzo, forniti d’eccellenti armi e solleciti oltre ogni dire di tenerle pulite, e benchè non mi sembrassero così terribili come quelli del Tilly al vederli la prima volta, pure la comparsa che fecero allora ai miei occhi, unita a quanto ne aveva udito narrare precedentemente, mi condusse nella persuasione che sarebbero stati invincibili; la disciplina, l’ordine delle lor marce, de’ loro accampamenti ed esercizi erano eccellenti, e tali che non poteano vedersi in altri eserciti fuor quello del re di Svezia, perchè l’abilità, il retto discernimento, la vigilanza di quel monarca aveva portato un vistoso miglioramento nei regolamenti militari che allora erano in uso.»
Allor quando scoppiò nell’Inghilterra la grande ribellione, in cui il supposto autore di quelle memorie si trovò compromesso, e per conseguenza ne parla, questo breve tratto vi dà un quadro delle miserande calamità congiunte con una guerra intestina, quadro più compiuto che non ve lo presenterebbe un intero volume di considerazioni su l’argomento medesimo.