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memorie biografiche 725

ebbe di addottrinarsi nei segreti de’ ladri e de’ mendicanti, nelle loro arti per ispogliare i galantuomini, per nascondersi, per sottrarsi alla giustizia. Ma comunque egli siasi procacciate tali nozioni su la vita della canaglia, certo egli le possedeva nel più lato senso, e se ne valse con felice applicazione a comporre certi suoi romanzi nello stile detto dagli Spagnuoli gusto picaresco, in cui non fuvvi chi si mostrasse maggior maestro di lui. Questa classe di favolose narrazioni può venir denominata romanzi di mariuoleria, perchè ne sono argomento le avventure de’ ladri, dei rompicolli, de’ vagabondi e de’ giuntatori, non escluse le bagasce e le cortigiane. Il gusto migliorato della presente età ha giustamente proscritta quest’abbietta specie d’opere dilettevoli, le quali in oltre sembrano fatte a posta per produrre infiniti danni fra le inferiori classi della società, siccome quelle che presentano in aspetto comico, o talvolta anche eroico, que’ delitti e vizi, cui già le classi stesse sono anche troppo per natura inclinate. Ciò non pertanto queste stravaganti e invereconde scene descritte dal de Foe possono acconciamente essere paragonate co’ quadri degli zingari del pittore spagnuolo Morillo sì giustamente ammirati, perchè, quanto a verità di concetto e spirito di esecuzione, sono indubitati capolavori, comunque laido e vile sia l’originale donde vengono tolti. A tal maniera di romanzi del de Foe appartengono la Storia del colonnello Jack, che ottenne immensa voga popolare presso l’infime classi; la Moll Flanders, mezzana di prostituzioni e prostitute; Mistris Cristiana Davis detta la Mamma Ross, la Rossana, cortigiana di più alto conto. Su tutti gl’indicati romanzi si scorgono profonde impronte di genio che è poi anche più caratterizzato nell’ultimo. Ma dalla inverecondia delle cose narrate, dai vizi e dalla trivialità degli attori il leggitore prova tal effetto qual lo produrrebbero in un bene educato giovine le seduzioni di lasciva femmina che non arrossisse di provocarlo a scene di libertinaggio; potrebbe divertirlo la cosa, ma si vergognerebbe d’essersene divertito. Così noi, benchè potremmo raccogliere da questi picareschi romanzi una buona dose di diletto, passiamo innanzi, come faremmo scontrandoci in persone, con le quali si potesse d’altronde conversar volentieri, ma i cui modi e caratteri non fossero affatto quelli di chi è avvezzo a vivere nella buona società.

Una terza specie di componimenti ai quali l’operoso robusto genio del nostro autore mostrossi adattissimo, furono i racconti de’ grandi sconquassi delle nazioni, o li producesse la guerra, o la peste, o la tempesta. I racconti di simili flagelli sono tali che, quand’anche fossero sol discretamente eseguiti, fermano l’attenzione: immaginatevi se, con l’impronta di realtà che il de Foe sapea dar sì bene alle cose da lui narrate, non fecero addirizzare i capelli, arricciar la pelle. In cotal guisa furono scritte le Memorie d’un uficiale di cavalleria, che spesse volte vennero lette e citate come l’opera d’un personaggio reale. Nato egli stesso quasi subito dopo la reintegrazione degli Stuardi, il de Foe debbe aver conosciuti molti fra coloro che si trovarono mischiati nelle civili tempeste del 1642-6, epoca cui le Memorie d’un uficiale di cavalleria si riferiscono. Egli debb’esser vissuto fra loro in quel periodo dell’età sua (noi non sappiamo figurarci che avesse un maggior numero d’anni) quando i fanciulli s’attaccano alle ginocchia di coloro che possono ad essi narrare le imprese e i pericoli corsi in lor gioventù. Non è ancora per quegl’imberbi ascoltatori il tempo che le passioni e il desiderio di spingersi innanzi nel corso della vita abbiano prodotto un effetto nelle lor menti; la sola curiosità li fa uditori volonterosi de’ cimenti affrontati da altri su quel teatro, ov’eglino stessi non sono entrati per anco. Certo le Memorie d’un uficiale di cavalleria sono state arricchite di