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MEMORIE BIOGRAFICHE | 721 |
ultimata col trattato di Utrecht, il de Foe, fatto più saggio dall’esperienza, visse giorni tranquilli a Newengto pubblicando la sua Rivista, ancorchè nell’adempiere questo incarico non andasse esente da contenziose opposizioni e maldicenze che per altro vigorosamente respinse e ritorse su gli aggressori. Ma nel cangiamento delle cose politiche che privò del potere prima sir Roberto Hervey poi il lord Godolphin, sembra cessasse al de Foe la pensione che ricevea dal tesoro, onde fu costretto come prima a trarsi d’impaccio su la via d’autore generico per guadagnarsi il suo sostentamento. Le politiche agitazioni gli somministravano i suoi argomenti; ma per sua disgrazia i tory e i giacobiti d’allora erano sì fatti uomini che prendeano le cose troppo alla lettera, onde i suoi scherzi furono frantesi ed egli arrestato e condotto nuovamente alla sua antica abitazione, grazie a diversi razzi lanciati per ridere e con un’importanza patentemente ironica, ma che vennero riguardati siccome macchine incendiarie.
Gli opuscoli di cui gli fu fatto un delitto erano due; il titolo dell’uno Che cosa accadrebbe se arrivasse il pretendente? quello dell’altro: Che cosa se la regina morisse? «Nulla può esservi di più chiaro dell’intenzione di questi due titoli:» dicea l’accusato. Fu uno scherzo ideato per far capitare i libri annunziati con essi nelle mani di coloro che furono gabbati dai giacobiti. La sua spiegazione non bastò; fu processato, sentenziato colpevole, condannato ad una multa di ottocento sterlini, mandato nuovamente a Newgate e costretto dismettere la pubblicazione della Rivista. Fu da notarsi allora una singolare particolarità: la stanza assegnatagli nelle carceri di Newgate era la stessa ove la prima idea dello stesso giornale fu concepita nove anni prima.
Dopo essere rimasto pochi mesi prigione, ne uscì libero per un ordine spedito dalla regina nel novembre del 1713.
Ancorchè con questo modo di liberazione l’innocenza delle sue intenzioni, se non potè dirsi stabilita, venisse ammessa, non fu fatto nulla per lui, onde la morte della regina avvenuta poco dopo nel luglio del 1714 lo lasciò privo d’ogni scudo contra gli assalti de’ suoi astuti nemici. «Non appena, egli dice, fu morta la regina e riconosciuto il diritto al trono del nuovo re1, la rabbia degli uomini si scatenò tanto orridamente contro di me che mi mancano le espressioni per tratteggiarla e, benchè io non abbia dopo quell’epoca fatale, scritto veruna cosa, a molti e molti scritti è stato apposto il mio nome, che soggiace ora all’insulto di risposte fatte a quanto io non ho detto mai.» Fu questo il più tetro periodo della vita del nostro autore. Perduto ogni genere di pensione, qualunque ella fosse, obbligato a non andar avanti nella sua Rivista, quante cose si arrischiasse a pubblicare venivano accolte con sospetto, circondato da ogni banda da cabale, insidie ed oltraggi. Sotto il peso di sì ingiusti patimenti declinò presto la sua salute, pure il vigor dell’animo gli rimaneva tanto
- ↑ Giorgio di Brunswick, elettore di Hannover, figlio di un pronipote di Giacomo I. Lo portò al trono la fazione dei whig. Certo non sembra che le intenzioni della regina Anna fossero per questo successore, e si contavano quarantacinque principi che armavano titoli ereditari più forti de’ suoi alla corona. Per ciò il suo avvenimento al trono non fu scevro di guerre civili per l’Inghilterra. Ad ogni modo la politica di questo sovrano, e la prosperità che il suo governo portò su gl’Inglesi dissiparono le turbolenze e convalidarono il trono nella sua famiglia tuttavia regnante nella Gran Bretagna.