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dispensarmene, ma capii che una maggiore insistenza nel mio rifiuto lo avrebbe offeso.

Nella mattina che seguì spedii anch’io a sua eccellenza un mio servo con un piccolo presente che consisteva in tè, due pezze di damasco della China e quattro piccole verghe di oro del Giappone di un peso che non oltrepassava in tutto sei once all’incirca, ma di un valore molto al di sotto delle pelli zibelline, delle quali, quando fui a Londra, mi furono sborsati a un dipresso dugento sterlini. Accettò il tè, una pezza di damasco ed una delle quattro verghe d’oro che portava una fina impronta di conio giapponese. Seppi indi più tardi che, senza la rarità del conio, non avrebbe accettata nemmeno questa. Fu impossibile in appresso il fargli ricevere altro. Pel servo stesso mi mandò a dire che desiderava parlarmi.

Andato da lui, udii dirmi:

— «Voi sapete che la vostra proposta è stata considerata sotto tutti gli aspetti fra noi, e spero che non vorrete rinovarmi sollecitazioni, che sarebbero inutili su questo argomento. Ma poichè faceste un’offerta sì generosa a me, vi domando se avreste la cortesia di farne una simile ad un’altra persona che vi nominerò, e che mi sta molto a cuore.

— Non vi dirò, eccellenza, che sarei inclinato a fare per un altro altrettanto quanto per voi che tengo in sì particolare considerazione, e per cui mi sarebbe stata si grande gioia l’essere uno stromento di scampo. Nondimeno degnatevi nominare questa persona e vi risponderò.»

Mi disse trattarsi del suo proprio figliuolo, il quale, se bene non lo avesse veduto da che era in esilio, sapea però che viveva nella stessa condizione di lui su l’altra riva dell’Oby ad una distanza di oltre a dugento miglia. Egli avea modo di farlo venir qui se avessi acconsentito alla sua inchiesta.

Non esitai a dirgli un sì non disgiunto da alcune cerimonie intese a fargli comprendere che, avendo veduto di non potere prevalere su di lui, gli avrei almeno provato il mio rispetto col prendermi pensiero pel figlio suo, oltre ad altre cose che ora sarebbe tedioso ripetere.

Nel dì appresso, egli mandò pel suo figliuolo, il quale, venti giorni dopo, arrivò in compagnia del messaggero, conducendo seco sei o sette cavalli carichi di pellicce di un grandissimo valore. I servi condussero i cavalli in città, lasciando fuori in qualche lontananza il