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Se fui sorpreso la prima volta, or rimasi mutolo affatto, nè ardii più dire una parola, contentatomi a contemplarlo e ad ammirare da vero quanto io vedea. La lotta interna dell’animo di lui era sì potente che, ad onta della giornata estremamente fredda, lo mise in un violento sudore. Vedendolo divenuto affatto incapace di dare sfogo di parole ai propri pensieri, gli dissi io queste sole:

— «Pensateci ancora tra voi e voi; tornerò a trovarvi,» poi mi ritirai nel mio appartamento.

Due ore dopo, udito qualcuno alla mia porta o vicino ad essa, mi alzava per vedere chi fosse; ma chi l’aveva aperta era già entrato, e fu lo stesso principe, che mi disse:

— «Mio caro amico, voi m’avevate quasi fatto vacillare, ma mi sono tenuto in piede. Non v’abbiate a male se non accolgo la vostra offerta: v’assicuro che ciò non è perchè io non senta quanto sia stata generosa per parte vostra, ed anzi vengo a farvene i miei più sinceri ringraziamenti; ma spero di avere riportata intera vittoria su me medesimo.

— Ed io spero, eccellenza, di vedervi finalmente persuaso che non dovete resistere ad una chiamata del cielo.

— Signore, egli disse, se fosse stata veramente chiamata del cielo, una onnipotenza eguale avrebbe operato su me perchè mi arrendessi; ma io spero ed anzi sono pienamente persuaso di obbedire al cielo nel non accettare quanto m’offriste, onde nel separarmi da voi ho almeno l’infinito conforto che mi lasciate qui onest’uomo se bene non libero dalla mia schiavitù.»

Qui non mi restava a far meglio che acchetarmi e protestargli che non m’avea mosso altro fine fuor d’una sincera brama di essergli utile. Abbracciatomi cordialissimamente, mi assicurò d’una gratitudine che non gli sarebbe uscita mai della mente. Aggiunse ai ringraziamenti un dono di stupende pelli zibelline; presente troppo sontuoso da vero perchè non fossi renitente oltre modo ad accettarlo da un uomo posto nelle sue circostanze. Feci di tutto per

    la prima di queste pecche in sospetto al monarca che lo spogliò di tutti gli onori e d’ogni sostanza confinandolo nel 1689 a Tobolsk in Siberia. Si mostrò più grande nel rassegnarsi all’avversa fortuna che nol fu io mezzo allo splendor delle corti. Il czar mitigò in appresso la sua pena col permettergli di vivere io una sua terra presso Mosca che lo stesso czar gli restituì. Profittò di tal grazia col ritirarsi in un chiostro ove finì i suoi giorni nel 1713.