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suo discorso. Confesso che mi resero attonito e le sue parole e l’uomo da cui erano profferite. Usai alcuni argomenti per sollecitarlo a ricuperare la sua libertà, e questo tra gli altri:

— «Siete obbligato a ravvisare nella mia proposta una strada apertavi dalla providenza che antivede e predispone tutti gli eventi, dovete riguardarla come una chiamata del cielo diretta a rendervi anche migliore ed utile ai vostri simili.

— Chi vi assicura, signore, egli mi rispose (che nell’intervallo delle mie argomentazioni egli era tornato più padrone di sè medesimo), chi vi assicura che quanto voi dite chiamata del cielo, non sia invece, senza che voi medesimo vel pensiate, un’instigazione di tutt’altra natura, diretta a mostrarmi sotto le apparenze della felicità ciò che fosse un’insidia in sè stessa ordita, con seducenti colori per trascinarmi ad ultimo precipizio? Qui son libero dalla tentazione di risalire alla mia antica miserabil grandezza. Dove mi condurreste non sarei sicuro che tutti i semi dell’orgoglio, dell’ambizione, della cupidigia e della sensualità... rimangono sempre questi semi nella natura dell’uomo... non sarei sicuro che non ripullalassero in me, che non prendessero radice, in somma non mi sprofondassero. Ed allora, il fortunato prigioniere che or vedete padrone della libertà della sua anima, diverrebbe lo sciagurato schiavo dei propri sensi in mezzo alla pienezza della personale sua libertà. Caro signore, lasciatemi rimanere in questa benedetta terra d’esilio ove sono bandito dai diletti della vita, anzichè persuadermi a seguire una larva di libertà a rischio di perdere la libertà della mia ragione, e quel porto di beatitudine che or mi sta a veggente, ma che altrimenti potrei, ne ho paura, smarrire di vista. Sono di carne, sapete? sono un uomo, meramente un uomo! ho passioni, ho affezioni che potrebbero di leggieri farmi tracollare e subissare al pari d’ogn’altro uomo. Deh! non siate in una volta il mio amico e il mio tentatore!1»

  1. Il Moscovita che parla così è affatto affatto il principe Basilio di Gallitzin dipinteci dalla storia per uno de’ più rinomati uomini di stato e diplomatici del secolo decimo settimo, benchè sia morto d’ottant’anni nel primo periodo del decimottavo. La Russia gli dà merito d’una gran parte delle riforme utili alla civiltà di quella contrada operate da Pietro il Grande. Promotore di una corrispondenza fra le corti d’Europa ridotta a sistema, fu autore del così detto trattato di pace perpetua che fu concluso nel 1686. Fu vicerè di Casan e di Astracan, e guardasigilli di Pietro il Grande. Smisuratamente ambizioso e per conseguenza smisuratamente avido di ricchezze, cadde per