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fornire le loro botteghe; alcuni di loro si portavano anche col medesimo scopo ad Arcangelo; ma, siccome questi dovevano non solo andare, ma tornare addietro, e la strada da farsi era più lunga di ottocento miglia, aveano tutti lasciato Tobolsk prima di me.

In maggio dunque cominciai a preparare il mio bagaglio, nella quale occasione andava facendo a me stesso un quesito della seguente maniera. «Tutta questa gente confinata dal czar di Moscovia in Siberia, quando è qui per altro, viene lasciata in libertà d’andare dove vuole. Perchè mo nessun di loro non pensa ad avviarsi verso qualche altra parte del mondo che non sia Russia, e che loro torni più comoda almeno di questa Siberia?» Io non sapeva assolutamente vedere quale ostacolo ne gli impedisse. Ma il mio stupore fu subito dissipato appena entrai su questo argomento coll’alto personaggio di cui ho teste fatto menzione.

— «Considerate prima di tutto, egli mi disse, la giacitura del luogo, poi la condizione in cui siamo, e in cui è specialmente la più parte degli individui qui mandati in esilio; e vedrete che ci chiudono in questo vastissimo carcere impedimenti più forti delle sbarre e dei catenacci. A settentrione un oceano non navigabile su cui non veleggiarono mai bastimenti, su cui una sola barchetta non ha mai galleggiato; da ogn’altra parte converrebbe, a chi tentasse una fuga, l’attraversare nient’altro che più di mille miglia di dominio tutto russo e per vie non praticabili di sorta alcuna, eccetto le strade maestre, aperte dal governo e che passano tutte per città guardate da presidio russo. Non potremmo dunque nè passare per queste strade senza essere scoperti, nè trovare di che vivere prendendone altre. Vedete come sia cosa da non ci pensare nemmeno.»

Ridotto di botto al silenzio da tale spiegazione, capii che questi infelici si trovavano in una prigione priva d’ogni speranza d’uscita per essi come se fossero stati inchiavati nel castello di Mosca. Pure mi nacque l’idea che potrei io essere uno stromento di sicura liberazione a quel personaggio cotanto degno, ed a questa idea si unì in me la ferma volontà di tentarne la prova a costo di qualunque rischio mio personale. Colsi dunque una sera l’opportunità di fargli la mia proposta e di spiegargli i modi facili che aveva per trasportarlo fuori di qui.

— «Guardate bene, io gli dicea. In questo paese voi non siete sotto la vigilanza di nessuno; io non vado a Mosca, ma ad Arcangelo,