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Io stava conversando col principe di ***1 un de’ ministri di stato del czar di Moscovia, quando la natura del discorso mi fornì l’occasione di trarre in campo le cose mie; ma ciò fa dopo ch’egli mi ebbe esaltato la grandezza, la magnificenza, l’estensione de’ dominî e l’assoluto potere dell’imperatore di Russia.

— «Io fui, così gl’interruppi il suo dire, un sovrano più grande e potente che nol sia mai stato il vostro czar di Moscovia, benchè non di un dominio tanto esteso nè di una popolazione sì numerosa.»

Spalancò gli occhi su me quel principe russo alquanto sorpreso ed imbarazzato a comprendere che cosa intendessi dire.

— «Signor principe, gli dissi, cesserà il rostro stupore, quando vi avrò raccontato che primieramente ho un potere assoluto su le vite e le sostanze di tutti i miei sudditi, e che, a malgrado di tal mio assoluto potere, non ce n’è un di loro il quale non sia affezionato al mio governo o alla mia persona in tutti quanti i miei dominî.

— Da vero, mi soggiunse il magnate crollando il capo, voi siete arrivato più in là del czar di Moscovia.

— Le terre del mio regno, continuai, sono tutte di mia proprietà, e tutti quelli che vi stanno sopra, non solamente sono miei vassalli, ma volontari vassalli; tutti si batterebbero per me fino all’ultima stilla del loro sangue, nè vi è despota, perchè mi confesso tale, che sia tanto amato e tanto temuto ad un tempo dai propri sudditi.»

Dopo averlo divertito alcun poco con questi indovinelli che si riferivano al mio governo, gli spiegai finalmente in lungo ed in largo la storia della mia vita nell’isola e del modo onde governai la popolazione postasi sotto il mio comando tal quale ve l’ho specificata in queste mie memorie. Tutto il mio uditorio la gustò non vi so dir quanto, ma il principe più degli altri, che mi tenne questa discorso.

— «In fatti la vera grandezza consiste nell’essere padroni di noi

  1. È a credersi che il principe qui innominato sia lo stesso principe di Gallitzin citato da Robinson un momento prima. Molte somiglianze che si vedranno tra poco in altra mia nota, col Basilio Gallitzin della storia, contemporaneo di Robinson o sia dell’autore di questa vita, m’inducono in tale opinione e spiegherebbero ancora la circospezione dell’autore stesso nel non additare in guisa troppo aperta un alto personaggio allora vivente.