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684 | robinson crusoe |
in sostanza contar oro una filastrocca. Stando al suo detto i malandrini che aveano bruciato il gran Cham Chi-Thaungu si erano portati a Siheilka con una carovana di miscredenti (chè costoro già per miscredenti intendevano i Cristiani), e che vi erano andati per bruciare il dio Schal-Isar, divinità dei Tonghesi, come aveano praticato col quell’altro dio.
Siccome questo furfante era in sostanza un Tartaro anche lui, e parlava perfettamente la lingua de’ Tartari, architettò la sua frottola con tanta maestria, che i merlotti cui la spacciò la presero per buona valuta, diedero una voltata di cavalli e tutti di gran galoppo s’avviarono verso Siheilka, posta in quella bagattella di distanza che vi ho detto un momento fa. In meno di tre ore gli avevamo perduti affatto di vista, nè udimmo più se fossero andati o no a Siheilka.
Liberati così da un brutto pericolo, ci portammo a Jarawena ove stanziava una guarigione di Moscoviti, e dove ci fermammo cinque giorni, perchè la carovana, veramente estenuata dai disagi delle faticose corse sostenute dopo la partenza da Nertsinskay, aveva bisogno di rifarsi delle notti perdute senza dormire.
Partiti da questa città, ne toccò attraversare un’orrido deserto che ci tenne in cammino ventitrè giorni. Prima di venirvi ci eravamo provveduti di tende per accomodarci alla meglio la notte; e il conduttore della carovana comprò sedici carriaggi o carri del paese per trasportare la nostra acqua e le provvigioni, e per servirci ad un tempo di trincea ciascuna notte intorno ai nostri piccoli campi: di modo che, se comparivano Tartari, ove non fossero stati in un numero veramente sterminato, non potevano farci male.
Ognuno s’immaginerà che, dopo questa sì lunga traversata, avevamo gran bisogno di riposo, perchè in tutto il deserto che erasi camminato non vedemmo nè case nè alberi, e nemmeno cespugli, benchè vi trovassimo in copia cacciatori di zibellini, tutti Tartari della Mongolia, di cui quel deserto fa parte. Costoro assaltano di frequente le piccole carovane; ma, benchè ne incontrammo molti, pure non li vedemmo mai uniti insieme in un numero da farci paura.
Dopo il deserto trovammo una contrada assai ben popolata, copiosa cioè di città e castella fondate dal czar, che vi ha poste guarnigioni di stazione per proteggere le carovane e difenderle contro ai Tartari, genìa che, senza una tale previdenza, renderebbe assai pericoloso il viaggiare in queste parti; anzi sua maestà russa ha