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Abbandono improvviso della spiaggia di Nang-King; arrivo e alloggiamenti presi a Quinchang.



A

ppena gettate l’ancore, venni per un caso ben fortunato a sapere che due vascelli olandesi erano capitati nello stesso golfo molto tempo prima di me. Non ci voleva altro per cader tutti nelle loro mani ed esser rovinati. Corso ad avvisar tosto del pericolo il mio socio, non lo trovai turbato meno di me, ma avrebbe voluto mettersi in salvo su la spiaggia a qualunque costo. Io poi non me la sentiva d’abbandonarmi ad una risoluzione sì disperata; chiesi pertanto al piloto portoghese, se conoscesse in que’ dintorni qualche cala o seno ove andar a mettere l’âncora e concludere segretamente il negozio della vendita del vascello con qualche Chinese, senza essere esposti alle persecuzioni dell’inimico. Mi disse questi, che se avessi voluto retrocedere una quarantina di leghe ad ostro, avrei trovato un piccolo porto, detto Quinchang, ove per solito prendevano terra i padri della missione nel venir da Macao per progredire nell’insegnamento del cristianesimo ai Chinesi, e dove non erano mai entrati navigli europei.

— «Se assicurate, mi disse, il vostro bastimento in quelle acque, avete tutto il tempo di pensare ai casi vostri e a quello che vi torni meglio, stando in terra. Certo non è una piazza di commercio, fuorchè in date stagioni dell’anno, che v’è una specie di piccola fiera, ove concorrono i mercanti giapponesi per comprare mercanzie della China.»

Convenimmo tutti nel partito di tornare addietro e trasferirci nel luogo che il Portoghese mi aveva additato. Io forse ne profferisco male il nome proprio, come non credo lo profferisse a dovere il mio piloto. Certo i mercanti giapponesi e chinesi con cui mi trovai di lì a poco in corrispondenza d’affari, pronunziavano questo nome in una maniera diversa da lui; ma questa maniera non posso ricordarmela,