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Metodo difensivo del tutto nuovo; arrivo

all’isola Formosa.



F

atti accorti dalle passate disgrazie e dal rischio che ne sarebbe sovrastato se non fossimo stati lesti a fuggire, giudicammo opportuno gettar l’âncora all’ingresso di un piccolo fiume, nondimeno profondo abbastanza all’uopo nostro, per vedere se ne riusciva, o per terra, o mandando a costeggiare il nostro scappavia, scoprire quali bastimenti e di qual nazione fossero in que’ dintorni, cautela alla quale dovemmo da vero la nostra salvezza. Perchè, se bene non avessimo veduto alla prima alcun naviglio europeo ancorato alla baia di Tonchino, nella mattina appresso vi entrarono due vascelli olandesi; ed un terzo, senza bandiera spiegata, ma che ciò non ostante credemmo parimente olandese, diretto su la via della China ci passò parallelo ad una distanza di circa due leghe; poi dopo il mezzogiorno gli succedettero due grossi legni inglesi, che tenevano la medesima via; laonde ci vedevamo in mezzo a nemici da tutte le parti.

La terra quivi era abitata da gente selvaggia e barbara: da una popolazione di ladri per genio e per mestiere; e benchè non avessimo gran bisogno di cercarli e, fuori del caso di qualche provvigione, evitassimo ogni occasione di aver che fare con loro, a grande stento ci salvammo dal riceverne insolenze di varie sorte. Il fiume, piccolo come ho detto, era lontano sol poche leghe dall’ultima estremità settentrionale del paese. Quando il nostro scappavia scoperse costeggiando che legni nemici ne circondavano d’ogni banda, avea tenuto il nord-est (greco) verso la punta di terra che apre la grande baia di Tonchino. Gli abitanti che vi ho dipinti per la gente più inospita di tutta la costa, non aveano di fatto consorzio con nessun’altra di quelle popolazioni, e il lor commercio era unicamente di pesce e derrate del genere più grossolano. Se ebbi motivo di chiamarli