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506 | robinson crusoe |
donne, e le sposano, mentre le prime sono ancora viventi. E vi pare (nel dir così s’infervorò fortemente) che con questa licenza sfrenata di vivere si onori Dio? E potete immaginarvi, comunque buoni sieno in sè stessi ed intesi sinceramente a buon fine i vostri sforzi a pro di questa colonia, che la benedizione di Dio li coroni sintantochè permettete a costoro, che or sono, può dirsi, vostri sudditi, perchè posti sotto il vostro governo e dominio, il vivere in uno stato di manifesto adulterio?»
Confesso che mi fece una forte impressione la cosa in sè stessa, ma molto più i vigorosi argomenti posti in opera dal mio interlocutore per dimostrarla; perchè, se bene non vi fosse verun ecclesiastico nell’isola, pure un formale contratto, consentito dalle parti alla presenza di testimoni e confermato da qualche segno riconosciuto obbligatorio dai contraenti, non fosse stato altro che una stipa rotta, per costringere gli uomini a riconoscere in ogni occasione quelle donne per loro mogli, a non abbandonare mai nè queste nè i loro figli, e a porre sotto simili vincoli le donne, tutto ciò sarebbe stato almeno un matrimonio legale agli occhi di Dio; e fu una grave trascuranza il farne senza. Ma per parte mia credei spacciarmela presto col mio giovine prete.
— «Considerate, gli dissi, che ciò accadde mentre io non era qui. Son tanti anni da che quegli uomini vivono con quelle donne che, se fosse anche un adulterio, non c’è più rimedio. Come volete che non sia fatto quello che è fatto?
— Signore, degnatevi d’avere pazienza, soggiunse il prete che non volle menarmela buona. Finchè dite che la cosa essendo seguìta nel tempo della vostra assenza voi non potete essere imputato di quella parte di colpa, avete ragione; ma ve ne supplico, non vi lusingate di non essere tuttavia sotto il più stretto obbligo di far finire lo scandalo. Come potete sperare, ammettendo ancora che il passato stia a carico di chi si vuole, come potete sperare che tutte le colpe dell’avvenire non pesino affatto su la vostra coscienza? Perchè egli è certo che il porre un termine al disordine è cosa in vostra mano, e che nessuno lo può fuori di voi.»
Io fui sì duro d’intelletto in quel momento che non lo intesi a dovere. Io mi figurava che con le parole far finire lo scandalo volesse dirmi: «Dovete rompere questo consorzio, non permettere che quegli uomini continuino a vivere con quelle donne», che sarebbe stato