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404 | robinson crusoe |
viaggio e come il venire con noi lo allontanerebbe da tutti i suoi amici, e potrebbe forse metterlo in condizioni non men disastrose di quelle in cui lo trovammo, cioè di morire di fame in terra straniera.
— «Non penso al luogo dove andrò, rispondeva il giovinetto, purchè io sia liberato da questa tremenda canaglia in mezzo alla quale mi trovo. Il vostro capitano (e qui egli intendeva parlare di me, perchè quanto a mio nipote non lo conoscea punto) mi ha salvata la vita; figuratevi se vorrà mai il mio male! Quella giovinetta son sicuro che, se ricupererà i suoi sensi, troverete in lei una buona creatura e non ingrata alle carità che le avrete fatte. Deh! prendetene con voi, e conduceteci dove volete.»
Il chirurgo mi rappresentò il caso in una maniera si commovente, che non seppi dire di no. Li prendemmo dunque a bordo con le cose loro, eccetto undici botti di zucchero che non potevano essere spostate di dov’erano. Ma, poichè il giovine avea per esse una polizza di carico, feci che il comandante la firmasse, obbligandosi, appena arrivato a Bristol, di cercare certo signor Roggers negoziante di quella città, e d’inviargli una lettera che scrissi io unitamente alle indicate mercanzie appartenenti alla vedova morta. Suppongo che niuna di tali cose sia stata eseguita, perchè non ho mai più saputo che quel bastimento sia giunto a Bristol, e probabilissimamente avrà fatto naufragio. Era sì mal in essere quando ci separammo e sì lontano da ogni terra, che credo bastasse la menoma mezza burrasca a farlo affondare. Faceva acqua e stava male di stiva, fin da quando lo incontrai.