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366 | robinson crusoe |
che si fosse rischiata a condurci su quella strada in così rigida stagione. «Pare un miracolo, ne diceano, che non siate stati tutti divorati.» E non meno ne biasimarono, quando intesero quel nostro modo di difesa tra i legnami da lavoro, allorchè smontati dai nostri cavalli facemmo questi riparo de’ nostri corpi. «Ma sapete che v’era da scommettere cinquanta contr’uno che sareste stati tutti distrutti? Non vi è pei lupi pastura più prelibata dei cavalli, e la loro vista li rende furiosi in modo che non si può immaginare. Senza questa vista avrebbero forse avuto paura d’un moschetto. Ma rabbiosi dalla fame com’erano, e vedendosi a tiro un cibo sì delizioso, non s’accorsero di pericolo. Ringraziate il vostro fuoco continuato, e finalmente lo stratagemma della traccia di polvere che li persuase; ma avete corso un bel rischio d’essere sbranati. Era men male, se vi contentavate di rimanere a cavallo e di far fuoco su i lupi stando in sella. Finchè il cavallo fa tutto un animale coll’uomo, non lo prendono tanto per cavallo. Piuttosto, se volevate smontare, dovevate lasciar andare i cavalli, chè ai lupi non sarebbe parso vero di correre dietro a quella preda, nè avrebbero più pensato a voi altri che ve ne sareste andati innanzi con sicurezza, tanto più che eravate armati d’archibusi.»
Quanto a me, so certo di non aver mai avuta una sì maladetta paura, come quando mi vidi venir inverse trecento di que’ diavoli mugghiando e a bocche spalancate. Non avendo un sito per rifuggirmi, io mi dava già per uomo perduto: e vivaddio! non traverserò quelle montagne una seconda volta. Sto piuttosto a patto di far mille leghe per mare con la certezza di una tempesta per settimana.
Non ho molto da raccontare di non comune sul viaggio che feci per traverso alla Francia, nè potrei su quel paese esporre maggiori particolarità di quante ne hanno raccolte altri viaggiatori, collocati in una posizione migliore della mia per farne incetta. Da Tolosa mi recai a Parigi; poi senza fermarmi gran fatto passai a Calais, e di lì subito a Douvre, ove arrivai ai 14 gennaio dopo avere presa per viaggiare la più perversa stagione dell’anno.
Era per allora alla meta de’ miei viaggi, ed in breve tempo aveva ritirati presso di me i capitali recentemente ricuperati. Le cedole di banco ch’io aveva portate meco, mi furono pagate al giusto ragguaglio del cambio che correva in quel tempo.
Il primo confidente, il mio consigliere privato, vale a dire quella buona attempata vedova che già v’ho fatta conoscere, tutta gratitudine