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coraggioso di me. E da vero tutta la nostra brigata si spaventò, quando insieme col romore della pistola sparata da Venerdì udimmo da entrambi i lati un orrido ululato di lupi: frastuono che ripetuto da ogn’eco delle montagne, ne fece credere d’avere intorno un numero sterminato di quelle fiere; nè forse erano tanto poche che non avessimo motivo di avere paura. Nondimeno poichè Venerdì ebbe ucciso il lupo che minacciava a dirittura l’uomo, l’altro che s’era attaccato al cavallo, lasciata immantinente la sua presa, si diede a fuggire senza avergli fatto male veruno, perchè per buona sorte i suoi denti ansiosi prima di tutto di sbramarsi su la testa del corridore venivano rintuzzati dalle borchie della briglia.

Fu ben peggio per l’uomo, poichè la famelica belva lo avea già morsicato due volte, una in un braccio, l’altra un po’ di sopra al ginocchio; e benchè avesse opposta qualche difesa, stava per essere buttato giù di sella dallo scompiglio stesso del suo cavallo, quando sopraggiunse Venerdì a liberarlo.

Potete immaginarvi che al romore della pistola di Venerdì tutti affrettammo il passo quanto nel permettea la difficoltà al certo grande di quel cammino, per vedere come stessero le cose. Appena fummo fuor degli alberi che ne toglievano dianzi la vista, scorgemmo perfettamente il caso, e come Venerdì fosse riuscito a campare da morte il nostro povero conduttore, benchè l’oscurità dell’ora non ne lasciasse allora discernere qual razza di bestia egli avesse uccisa.

Illustrazione per Daniel Defoe, Avventure di Robinson Crusoe, Gaetano Nobile, Napoli, 1842, pag. 355.svg (file)