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robinson crusoe 287

Il padre di Venerdì.



C

oloro che erano nel canotto faticavano di remi a tutto andare per mettersi fuori del nostra tiro, e, benchè Venerdì avesse fatto due o tre volte fuoco sovr’essi, non m’avvidi che ne colpisse alcuno. Egli mi consigliava impadronirmi d’uno de’ canotti vuoti, rimasti all’âncora, ed inseguire i fuggiaschi. Per dir vero m’inquietava l’idea che costoro, se li lasciava tornare a casa, portassero la notizia di quanto era avvenuto ai loro compatriotti, i quali probabilmente sarebbero venuti alla volta di quest’isola con dugento o trecento delle loro barche, e per la forza del numero nè avrebbero senza pietà divorati. Laonde, abbracciato il consiglio di Venerdì, corsi ad uno di que’ canotti e saltatovi dentro, imposi a Venerdì di seguirmi. Ma quando vi fui, rimasi sorpreso al trovarvi un’altra povera creatura, legata piè e mani, come lo Spagnuolo, e destinata al macello al pari di esso. Questo infelice quasi morto dallo spavento era ben lontano dal figurarsi le cose avvenute su la spiaggia, ove con la sua vista non arrivava. Tanto strettamente lo aveano legato supino dal collo alle calcagne, che gli restava appena un alito di vita.

Immantinente tagliai i ceppi di giunco ond’era avvinto, e volli aiutarlo ad alzarsi, ma egli non era buono nè a parlare nè a stare su le sue gambe: sol disperatamente gemeva immaginandosi, a quanto sembrò, che gli venissero tolti i lacci a solo fine di essere trucidato. Fattosi innanzi Venerdì, gl’ingiunsi di parlargli e informarlo della sua liberazione. Nel tempo stesso tratto a mano il fiaschetto di rum gli dissi di farne bere qualche sorso a quell’infelice. Questo ristoro, e molto più la notizia della sua salvezza, tanto lo confortavano che potè mettersi a sedere nella barca. Ma appena Venerdì lo udì parlare, e gli guardò in faccia, fu un singolare spettacolo il vedere come lo baciasse, lo abbracciasse, lo accarezzasse. Esclamava, ridea,