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260 | robinson crusoe |
due donne e un ragazzo, e i venti uomini me gl’indicò disponendo venti pietre in fila e accennandomi che le contassi.
Mi è piaciuto segnare questa particolarità da cui son tratto ad additarne una, che fu in appresso di più alta importanza nella mia vita, perchè dopo questo dialogo avuto con Venerdì, gli chiesi quanto fosse distante dal continente l’isola in cui ci trovavamo, e se era mai accaduto che le scialuppe de’ selvaggi fossero naufragate nel fare il tragitto che disgiunge una spiaggia dall’altra. Risposemi ciò non esser mai avvenuto, e trovarsi a non grande distanza dal lido una corrente ed un vento che hanno, sembra, una direzione costante la mattina ed una costante direzione opposta la sera.
Pensai su le prime che ciò derivasse dall’alternarsi dell’alta e bassa marea, ma venni in appresso a conoscere come fosse l’effetto del flusso e riflusso del possente fiume Orenoco, nel cui golfo, il seppi da poi, la nostra isola era situata, onde la grande terra ch’io aveva veduto tempo prima a ponente e a nord-west (maestro) fu l’isola della Trinità giacente alla punta settentrionale della foce del predetto fiume. Feci a Venerdì mille interrogazioni intorno a quelle terre, ai loro abitanti, ai tratti di mare che le attorniavano, alla natura delle spiagge, alle nazioni che confinavano con esse, ed egli mi disse