Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
216 | robinson crusoe |
Stretto dalla paura dianzi detta di eccitar fumo all’intorno della mia abitazione e ad un tempo dalla impossibilità di sostentarmi senza cuocere il mio pane, far bollire il mio brodo e simili cose, presi l’espediente di bruciare in questo luogo, come avea veduto fare nell’Inghilterra, una certa quantità di legna, sinchè fosse arsicciata o sia pervenuta allo stato di carbone asciutto; indi ammorzato il fuoco, conservava il carbone per portarmelo a casa, e sbrigare quelle faccende domestiche alle quali era indispensabile il fuoco, e ciò senza pericolo di alzar fumo. Ma di questo si parlerà più estesamente a suo tempo.
Mentre pertanto io stava tagliando rami in questo luogo vidi dietro ad una fitta macchia una specie di cavità. Curioso di esaminarla, entrai non senza fatica per la bocca della cavità stessa che trovai fin nella sua origine assai ampia, cioè capace perchè ci stessi in piedi io e forse un altro in mia compagnia; ma sono costretto a confessarvi di esserne uscito più presto che non v’entrai. Appena ebbi guardato più addentro, vidi due grand’occhi fiammeggianti di qualche creatura vivente, se del diavolo o d’un uomo, non seppi allora, perchè la pallida luce che veniva dalla bocca della caverna incontrandosi in essi e riflettendosi, li facea scintillare come due stelle. Pure