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Pellegrinaggio nell’isola.



D

issi dianzi come fosse grande in me la voglia di vedere tutta quanta l’isola, e come mi fossi trasferito lungo il ruscello fermandomi laddove stabilii la mia casa di villa, donde io aveva un cammino aperto sino al mare dall’altra parte. A questa parte io risolsi ora di trasferirmi. Preso pertanto meco il mio moschetto, un’accetta, il mio cane ed una maggior quantità di polvere e di pallini, provveduta la mia bisaccia di biscotto e d’uva appassita, cominciai il mio pellegrinaggio. Passata la valle ove stava il mio frascato, arrivai a vista del mare a ponente, e essendo una giornata oltre ogni dire serena, scopersi perfettamente una terra: se isola o continente non potei conoscerlo, ma altissima ed estesa in un’assai grande lontananza da ponente al west-sud-west (ponente-libeccio), non meno di quindici a venti leghe secondo le mie congetture.

Io non potea determinare a qual paese del mondo quella terra appartenesse; sol non dubitava che non fosse una parte dell’America e, secondo i raziocini che istituii, vicina ai dominî spagnuoli. Ma poteva anch’essere tutta quanta abitata da selvaggi, e tale che se vi fossi sbarcato, mi sarei veduto a peggior partito che non era adesso. Mi rassegnai quindi con tranquillo animo alle disposizioni della Providenza ch’io cominciava ora a confessare, ravvisando com’ella ordinasse per il meglio tutte le cose. In questa considerazione dunque acchetai la mia mente senza angustiarmi con inutili voti per trovarmi colà.

Oltrechè, ragionando più a mente fredda, pensai che, se quella terra fosse stata una costa spagnuola, certamente avrei veduto, una volta o l’altra, passare o ripassare qualche vascello di quella nazione; se no, essa era senza dubbio quella costa inospite situata fra i