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robinson crusoe | 99 |
poco mancò che tutte le mie fatiche non andassero in una volta sossopra e che non rimanessi morto io medesimo: ecco in qual modo le cose avvennero. Mentre io stava facendo alcun che nel ricinto posto tra il baluardo e la palizzata, all’ingresso appunto della mia grotta, fui spaventato non so dir quanto da un accidente il più terribile da vero e il più straordinario, perchè in un subito io vidi la terra dirupar giù dalla soffitta della mia grotta e dalla cima del monte che sovrastava ai mio capo, mentre udiva spaccarsi con orrido fracasso due dei puntelli collocati dianzi nella grotta stessa. Mi sentii gelare il sangue dall’atterrimento; pure andava tuttavia pensando non essere cagione di ciò se non un nuovo scoscendimento di soffitta della mia cantina, come qualche cosa di simile era accaduto dianzi; onde per timore di rimanerci sepolto sotto, corsi in fretta alla scala del mio baluardo, nè quivi credendomi ancora al sicuro saltai al di là di esso aspettandomi da un istante all’altro che qualche scheggione di dirupo venisse a piombarmi sopra la testa. Non ebbi appena fatto alcuni passi al di fuori, quando m’accorsi che tutto ciò procedea da uno spaventoso tremuoto; perchè la terra ove io mi stava traballò per tre volte in intervalli disgiunti di otto minuti l’uno dall’altro con tali violenti scosse che avrebbero bastato, cred’io, a rovesciare da cima a fondo il più saldo fra quanti edifizi del mondo si potessero immaginare. Di fatto un gran masso di roccia, distante da me un mezzo miglio all’incirca, precipitò nel mare con si orrendo fracasso che in vita mia non ne ho mai udito l’uguale. Accortomi nello stesso tempo che il mare si era posto in una straordinaria agitazione, dovetti credere più forti le scosse nel seno di esso che nell’isola stessa.
Questo spaventoso fenomeno di cui non aveva mai veduto il simigliante, nè parlato con altri che fossero stati spettatori di simili avvenimenti, mi fece tanta impressione che ne rimasi stupido e poco meno che morto, oltrechè il tremuoto mi avea sconvolto lo stomaco come avrebbe potuto farlo l’agitazione del mare. Lo strepito nondimeno dello scheggione di roccia caduto nell’onde mi scosse, ma togliendomi dal mio stato di stupidezza diede luogo in me ai pensieri i più orridi e spaventosi. Vidi che sarebbe bastato un nulla a far cadere il monte su la mia tenda e le mie sostanze in essa raccolte, a seppellire tutte queste cose in un colpo; ed ecco che il mio spirito tornò una seconda volta ad avvilirsi.
Passata la terza scossa, e non ne avendo udite più altre per