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cui fu scritta; e tale imperizia trapela da una gran parte delle versioni che ne sono state date fin qui; pur questa circostanza medesima non ne ha scemato lo spaccio.

Ma diminuisce la meraviglia in chi, dotto nell’inglese favella, sa che la lindura dello stile non è nemmeno il pregio del testo originale. Ne sono pregio la naturalezza delle immagini, l’ingenuità delle descrizioni, l’interesse mantenuto costantemente nei leggitori e queste prerogative sono tanto più da apprezzarsi, poichè non le fa splender meno la trasandatura abituale dell’autore che, o credesse dar maggiore verisimiglianza alle cose narrate, o non curasse, o non sapesse far meglio, perchè uomo dell’infimo volgo ed educatosi quasi affatto da sè medesimo, stendeva le sue relazioni come avrebbe tenuto uno zibaldone per aiuto della sua memoria soltanto, e come se nessuno avesse dovuto mai leggerlo. Perciò, se non bastava che ripetesse talvolta le cose raccontate già poco prima, replicava spesso le stesse frasi in un periodo, gli stessi periodi in una frase. In questa parte i traduttori avrebbero reso miglior servigio a lui e a sè medesimi se gli fossero stati alquanto infedeli; e dico a sè medesimi perchè chi non ha innanzi gli occhi il testo inglese, o chi non lo intende, rare volte perdona al traduttore le mende dell’autore.

Tale servigio avrei voluto io rendere a me stesso e agli editori che m’hanno affidato l’incarico di questa versione, e ho fatto il possibile a tal uopo senza per altro rendermi, a mia saputa, colpevole di veruna alterazione dell’originale. Ma i casi delle trasandature dell’indicato genere da riparare erano sì frequenti che ne avrò forse sfuggita una e sarò caduto in un’altra.

Spero ciò non ostante di aver raggiunto uno scopo che per me è sempre il primo: quello di serbare la chiarezza del testo e possibilmente la forza dei concetti. Rispetto ai termini di marina io non ho mancato di consultare il reputatissimo vocabolario del chiaro nostro defunto italiano, il senatore Stratico. Ove ho creduta utile qualche nota non l’ho omessa, giacchè l’autore non ne ha posta di sorta alcuna se non quelle che fanno seguito al giornale di Robinson, ed entrano quindi nel corpo dell’opera.