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76 autobiografia

XXXVI.

Tumulto per le armi.

Restò qui comandante di piazza un Capitano Prouveras antico onorato militare delle truppe reali di Francia il quale si condusse bene, e risparmiò al paese molti dispiaceri. Venne constituita una Magistratura col nome di municipalità, e fu composta di galantuomini. Io non vi presi parte ma le cose marciarono bene. I Francesi appena arrivati avevano ordinato che tutti indistintamente sotto pena di morte depositassero tutte le armi di qualunque sorte nel palazzo del Comune, e la paura fece che quell’ordine riscuotesse una grande obbedienza. Il palazzo del publico era diventato un vero Arsenale in cui si raccolsero migliaia di Archibugi ed armi di ogni specie. Nessuno della mia famiglia era Armigero, nulladimeno vi mandai 63 bocche da fuoco e molte spade palossi, e cose simili. In una mattina, qual fosse non ricordo con precisione, affettatamente, o casualmente non so, insorse la voce che il giorno si restituirebbero le Armi, e il popolo della città e contado si adunò nella piazza in grandissimo numero. Dopo di avere aspettato molte ore tranquillamente, all’improvviso, eccitato forse da qualche tristo, si sollevò, e rotte le porte quelle armi andarono a rubba pigliando ognuno le sue e quelle che gli piacevano più. Indi temendo lo sdegno dei Francesi, dei quali in quel giorno veruno era qui, occupò le strade, segnatamente la postale verso Loreto, e si dispose a resistere. Questa sedizione inaspettata ci colmò di terrore, e condusse la città due dita lontana dalla sua rovina. Il primo pensiero fu di spedire una persona destra in Loreto, perchè se qualche uffiziale o truppa stassero sul venire, aspettassero che il tumulto fosse