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AL CORTESE LETTORE



Se mi è lecito giudicare dalla benevola accoglienza che si è fatta agli articoli che di mano in mano si son venuti pubblicando sopra Gli Studi in Italia, spero mi si voglia risparmiar la taccia di prosuntuoso, confidando che un po’ di favore possa aspettarselo questo volume eziandio, dove quegli stessi articoli si contengono, raffazzonati alquanto e di qualche giunta accresciuti. Esso porta in fronte il nome d’un LEOPARDI, e ciò, mi sembra, gli è più che bastevole commendatizia. È vero che anche questo benedetto nome ormai comincia a suonar noia e diffidenza: tante sono le puerilità e le goffaggini e le stranezze che ci si vorrebbero gabellare da coloro che conoscendo, come dice in tal proposito un bizzarro ingegno, la propria miseria, cercano di passare il Lete arrampicati sulle spalle di un grand’uomo che li porti ai posteri; ma non è men vero che tra questa pubblicazione e quante altre si son fatte finora sui Leopardi, ci è sostanzial differenza. Di Giacomo, del quale si fa specialmente strazio, e il cui nome quando si vede sul frontespizio di qualche libercolo o in capo