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del conte monaldo leopardi 75

la distribuzione era incominciata e il pane avvanzava. In conclusione tutto quell’esercito era di duemille uomini appena. Ricevuti i viveri partirono tutti alla volta di Roma. La strada e il campo restarono sparsi di pane, carni, biade e foraggi, e molli di vino non potendosi credere quale sciupo facesse quella colonna in un paese vergine, ricco, e inesperto. I soldati commisero gravi disordini nella campagna ma non tutti impunemente. Non credo che se ne ammazzassero alcune centinara come fu detto, ma alcuni senza meno pagarono con la vita la propria impertinenza. Il popolo odiava i Francesi implacabilmente, e incoraggito dai proclami incauti del Governo, li ammazzava quando poteva anche senza ragione e per gusto.

Nei giorni successivi passò qualche altra truppa, ma non alloggiò qui, almeno in numero considerabile. Si annunziò l’arrivo e la pernottazione di ventimila uomini tutti in un colpo, che si aspettarono da un giorno all’altro, e vennero mai. Era uno strattagemma per tenere le popolazioni in timore, ma questo strattagemma costò 20 mille razioni di pane che ammuffirono nei magazzeni. Alli tredici o quattordici, o quindici del mese, non ricordo il giorno preciso, passò Napoleone Buonaparte allora Generale in capo dell’armata francese in Italia. Passò velocemente a cavallo circondato da guardie le quali tenevano i fucili in mano col cane alzato. Tutto il mondo corse a vederlo. Io non lo vidi perchè, quantunque stassi sul suo passaggio nel Palazzo comunale, non volli affacciarmi alla Fenestra giudicando non doversi a quel tristo l’onore che un galantuomo si alzasse per vederlo. Non so se feci bene, ma mi pare che questo tratto in un giovane di vent’anni possa servire a indicare il carattere.