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del conte monaldo leopardi 73

Adunai subito il Consiglio, non avendo ancora imparato che quando gli avvenimenti pressano è tempo di fare e non di consultare, ma quei consiglieri me lo insegnarono, perchè si vennero stringendo nelle spalle, dissero fate voi, e se ne andarono. Restai dunque solo a distribuire gli alloggi, a procurare i viveri, e a provedere tutte le altre occorrenze. I viveri non mi sgomentarono perchè il paese nostro ricco allora come adesso di ogni vittuale li somministrava in abbondanza, ma il pane già fatto mancava e non si poteva ammanirlo in poche ore. Si fecero lavorare tutti i forni, si raccolse quanto ne avevano le case e i conventi, e si spedì nei paesi vicini, ma queste risorse sono sempre meschine assai, e i forni casalini in questi bisogni repentini servono niente. Anche gli alloggi ci imbarazzarono perchè nella città nostra non erano alloggiati mai duecento soldati, e ignoravamo la capacità delle case, lo stato delle scuderie e qualunque altro dettaglio analogo. Accrebbe l’angustia il numero grande dei marescialli e brigadieri per i quali si domandava il biglietto. Credendoli Generali gli vennero assegnati i quartieri migliori, e tardi si conobbe che equivalevano ai nostri caporali e sargenti. La accrebbe pure l’indiscrezione del generale Lannes, comandante di tutta la truppa nel rifiutare l’alloggio preparatogli in casa mia perchè troppo lontana dal centro della città, sicchè dovetti collocarlo in casa Melchiorri, trasportando colà quanto si era ammanito per la sua cena. Finalmente era di grave impaccio in quei momenti, la sgarbatezza di due ufficiali i quali disponevano di tutto non so con qual titolo o grado, e non intendendo l’italiano si impazientivano e mi beffeggiavano perchè parlavo male il francese. Nulladimeno si provedè tutto alla meglio.

Sulla mezz’ora di notte cominciarono ad arrivare i sol-