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70 autobiografia


XXXIV.

Tesoro di Loreto.

Nel giorno degli 8, overo nelli due giorni precedenti, ciò che non ricordo bene, vennero incassate tutte le gioje e le perle del tesoro di Loreto, e trasportate a Roma. Il mondo stimava quel tesoro di un prezzo immenso, ma allora si sentì che non valeva più di un mezzo milione di scudi. Credo che l’opinione comune avesse ingigantito assai il valore di quelle gemme, ma credo ancora che eccedesse la somma enunciata, e passò in troppe mani, e troppi interessi poterono concorrere ad abbassarlo. Gli ori e gli argenti si lasciarono, o per troppa fretta, o per politica mal intesa, o per averli calcolati male. I Francesi presero tutto una settimana dopo, e si disse che quei metalli constituivano un effettivo di scudi cinquecentomila. Erano molti, ma mi pare che non arrivassero a tanto. I Francesi o i loro aderenti pigliarono anche i galloni delle camere e delle sedie, e i cristalli degli armadii.

Verso il mezzo giorno dei 9 si incominciò a sentire che i Francesi avanzavano verso Loreto, e due o tre ore appresso un uomo di Loreto, probabilmente ubbriaco venne qua correndo e incominciò a gridare come un ossesso, Miracolo Miracolo; alle falde del colle i cavalli, e i carri si sono resi immobili, gli inimici non possono salirlo, e la Madonna ce ne ha liberati. In sostanza i francesi si erano fermati un momento a’ piedi della salita per dare il fiato ai cavalli, e raddoppiarli nei carri più grevi, ma il popolo non intende ragioni. I Francesi allora venivano temuti, e non senza ragione, in peggior conto dei demonj, e molti si aspettavano un miracolo alle porte di Loreto, overo a quelle di Roma.