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del conte monaldo leopardi 69

sua fu sollecita quanto bramavamo, perchè mandò in più luoghi della città a cercare un ferro, un certo ferro per arricciarsi il toppè, che finalmente venne trovato, e finalmente compito il suo abbigliamento se ne andò, e lasciò noi in santa pace.

Non so se quegli era entrato in Ancona, e quanta truppa si fosse adunata colà, ma ci erano indubitamente soldati, artiglieria, e provisioni per sostenere la piazza alquante settimane almeno, e si stava nella risoluzione di difenderla. Appena però l’inimico comparve, mille uomini postati alla Montagnuola fuggirono, e i Francesi potevano entrare in Ancona con essi. Si fece una capitolazione per convenienza, e la piazza si arrese, e venne occupata nel giorno istesso. Vi si trovarono 109 cannoni di grosso calibro. Il marchese Miletti maggiore aveva il comando supremo, e la capitolazione venne segnata dal conte Lorenzo Mazzagalli, recanatese capitano di fanteria. Nè deve credersi che questi uffiziali e le loro truppe mancassero di zelo, di intelligenza, o di coraggio, ma allo Stato bensì mancavano l’impianto, il tuono, e le idee della guerra. Fino a quei giorni un prelato vecchio con titolo di Commissario delle armi era stato il generalissimo delle truppe pontificia delle quali faceva rassegna vestito con rocchetto, e mozzetta. Nelle città di provincia quando passava un soldato si correva a vederlo per meraviglia, e si raccontava, è passato un soldato. I costumi gli animi, e le idee non si cambiano in un momento e non è tempo di impastare il pane allorchè si dà in tavola. Il tempo, la disciplina e l’esperienza potevano fare ottimi soldati di quella gente, ma allora i papalini alla guerra erano come gli ussari ungaresi a pontificare la Messa.