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del conte monaldo leopardi 67

all’armi, e battere la generale, e poi montato in carrozza scappò. Antici cercava già il campanaro, e il tamburino, e voleva obbedire agli ordini ricevuti, ma un passo addietro per intenderci meglio in quello che segue.

Compiti appena li 18 anni, io secondo le nostre constituzioni locali, avevo preso luogo nel Consiglio o reggimento del Comune, e successivamente avevo sostenuti molti incarichi e deputazioni. In questi moti di guerra mi si era attribuito il pensare alle truppe sotto qualunque rapporto, e sia che io facessi bene, o che gli altri avessero meno volontà, meno coraggio, o più giudizio di me, a poco a poco tutta la somma delle cose cittadine si era concentrate in me, ed io in quelli emergenti esercitai nella Patria una potestà quasi dittatoria. Vedendo dunque che il marchese Antici si accingeva ad eseguire gli ordini ricevuti, io lo trattenni e gli dissi, amico cosa pensate? Gli ordini del generale son belli e buoni, ma egli si salva e lascia noi nelle piste. Quale difesa può farsi nella città nostra aperta in ogni parte e sproveduta di tutto, e qual dovere ci impone di sagrificarci perchè egli possa fuggire più liberamente? Alle corte, se i Francesi non sono in Loreto ogni preparativo è vano, e se ci stanno li avremo qui fra dieci minuti, e il suono della campana, e il sollevamento del popolo ci esporranno al saccheggio, all’incendio, alla strage senza ragione e senza giovamento. Antici si arrese a questi detti, e le campane e il tamburo vennero lasciati in pace, ma questo non bastava. Il capitano Nobili, più anziano fra quelli che si incontrarono qui al passaggio del generale preso il comando della truppa fuggitiva, e raccoltine circa 400 uomini di ogni corpo e di ogni arma li aveva disposti, con tre o quattro cannoncini fuori della Porta Marina. Non so quali ordini gli avesse dati, ma temevo sempre che arrivando i Francesi, e trovando un’ombra