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a verun dovere; e chi non manca al dovere non manca all’onore. Nella confusione orribile del giorno seguente taluno domandò i due cavalli promessi da me, ma la situazione della casa mia lontana dalla strada di passo, e la fretta che tutti ebbero di fuggire non permisero troppe ricerche, e i cavalli furono risparmiati per sempre.

XXXIII.

Presa di Ancona.

Nella matina del giorno 8 passarono di qua provenienti da Roma, due o trecento fanti, e passò pure correndo alla volta di Ancona il generale Colli. Allora avevamo tanto poca idea della guerra e tanta fiducia nelle armi austriache, che quel passaggio ci rincorò e ci tenemmo sicuri che verria frenato l’avvanzamento degli inimici. Pareva impossibile che l’armata francese non dovesse rinculare in faccia a un generale tedesco. Si visse quella giornata con sufficiente tranquillità, ma verso una mezz’ora di notte incominciarono ad arrivare fanti, cavalli, bagagli e gente di ogni sorte che retrocedeva gridando, Ancona è presa, tutto è perduto, salviamoci, e fuggivano. Lo sgomento, il bagordo e il disordine di quella sera sono incredibili. Dopo le due ore di notte arrivò il generale Colli fuggendo esso pure, e smontato di carrozza sulla piazza Carradori, incominciò a sgridare i fuggitivi che si erano adunati all’intorno di lui in buon numero. Io lo sentii proferire queste parole precise «Vili, i vostri compagni si battono in Loreto con l’avanguardia francese e voi fuggite? Fermatevi, difendetevi, e domani sarò qui con grandi rinforzi». Rivoltosi al marchese Carlo Antici colonnello delle nostre milizie provinciali gli ordinò di far suonare la campana