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60 autobiografia

fuori tutta all’improvviso un momento dopo che ho palesati i miei sentimenti alieni dalla conclusione delle nozze. Comunque sia questo non è il tempo per parlare di dote, e prima deve sapere il marchese tutto quello che io vi ho palesato.

Landi. – Io non avrò mai il coraggio di dargli una notizia tanto infausta.

Io. – Poichè avete avuto il coraggio di interrogarmi a nome suo bisognerà bene che abbiate anche quello di recargli la mia risposta.

Landi. – No certo. Se un suo biglietto...

Io. – Ho capito. Si vuole una carta mia per farne chi sa qual giuoco. Ma io non ho difficoltà di scrivere la verità come non ho avuta difficoltà di dirla. Domani avrete il biglietto che bramate.

Così terminò il nostro abboccamento, e nella matina seguente scrissi al sig. Landi un biglietto in termini consimili a quelli con i quali mi ero spiegato in voce. Fratanto i Francesi invasero lo Stato; Landi partì, e non sentii più parlare del nostro matrimonio. Bensì fra un pajo di mesi mi vennero domandati li denari che il marchese Zambeccari aveva improntati per le gioje, e i frutti passati e futuri di quella somma, e 400 scudi preteso danno sofferto nel corredo per il decadimento della moda, e 50 scudi per il notaro Aldini che aveva scritta l’apoca privata, e 12 scudi per una cameriera tenutasi in Bologna a mio conto, e 65 scudi per un abito da viaggio fattosi alla sposa a mio suggerimento, e forse qualche altra bazzecola che non ricordo. Conobbi bene di venire trattato un po’ rigidamente, ma era tanto il mio punto di onore, tanta la mia inesperienza, e tanto sterminata la paura di dovere prestarmi alla effettuazione di quel trattato che a tutto acconsentii, e tutto pagai sino all’ultimo quattrino quanto