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del conte monaldo leopardi 59

cavarmi il mio segreto dal petto, sentitelo in tutta la sua estenzione e col corredo delle mie ragioni. Io mi sono legato con una promessa incauta e non so se è tutto mio il fallo di averla precipitata. Nulladimeno la mia parola è data, io me ne chiamo legato, e la manterrò a costo della vita. Sento però che il cuore non sanziona quel vincolo che ha stretto la voce. Conosco i meriti della dama; e il rispetto che si deve ai suoi congiunti, e vorrei che un sentimento di indifferenza mi rendesse almeno dubbioso sulla sorte futura di questo nodo, ma il cuore vi si oppone inesorabilmente e mi promette amarezze e pianto interminabili. Ho fatto quanto ho saputo per dominarlo, ma gli sforzi miei sono rimasti infruttuosi. Potevo tacere, ma a fronte di una infelicità che minaccia i miei giorni, e quelli della degna giovane cui dovrei maritarmi, a fronte delle vostre istanze e dei vostri scongiuri perchè avrei dovuto nascondere una verità che palesata non disonora alcuno, e conosciuta potrebbe invitare al riparo di un tanto disordine? No, la sappia il marchese, e se dopo di averla saputa vorrà che io osservi la mia promessa, la osserverò puntualmente e la sua figlia sarà trattata bene sotto qualunque rapporto. Se per altro si troverà scontenta di qualche involontaria freddezza, o desidererà inutilmente un affetto più vivo, non sarò tacciato di averla tradita simulando le disposizioni del mio cuore. Anzi sappia di più il marchese che la dote non formerà un ostacolo alla effettuazione del matrimonio, e che io sposerò la figlia quando vorrà, lasciandolo padrone di pagarmi la dote prima o dopo, o di pagarmela affatto, come gli piacerà meglio.

Landi. – Il denaro per la dote è pronto, e lo ho portato con me.

Io. – È molto singolare che tanta somma, della quale otto giorni addietro non si trovava un quattrino, sia uscita