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di far dipendere la effettuazione del matrimonio dalla puntualità di un pagamento, e se allora mi avessero condotta la sposa la avrei pigliata anche senza un quattrino di dote. Nulladimeno le lettere replicate sull’interesse e qualche espressione di esse che forse era scritta con artificio mi fecero balenare un raggio di speranza di liberarmi dalla promessa data. Al barlume di questo raggio il cuore si alleggerì, e sentii lo spirito sollevato da un peso enorme che lo opprimeva. L’avvenire che vedevo minaccioso e tetro mi comparve splendido e seducente, e l’idea di sentirmi sciolto e di potere disporre di me liberamente si ingigantì, e diventò signora dell’animo mio. Ma la promessa mi stringeva, e mi sentivo determinato e capace di sagrificarmi all’onore della parola. In queste angustie presi una strada di mezzo che non fu disonesta o troppo sconsigliata. Risolvei di tentare lo scioglimento amichevole del trattato; con qualunque onesto mezzo, e se i miei tentativi fossero per esser vani mi rassegnai ad incontrare la mia sorte. Pensai alcun poco sul modo con cui aprire il discorso, ma non esitai lungamente perchè in tutte le cose mie sono andato sempre per la strada più corta, e più piana. Scrissi al padre della sposa un foglio anonimo sconosciuto, e per quanto me ne ricordo, scrissi così «Conoscendo i sentimenti più intimi del conte Leopardi tradirei lui, voi, e la vostra figlia se lasciassi di palesarveli. Egli trova la sua sposa degnissima di rispetto e di stima e vorrebbe essere appassionato per lei, ma il cuore non riceve la legge. Ogni suo sforzo per dominarlo è riuscito inutile, e pare che questo matrimonio non sia scritto in cielo. Leopardi sposerà la figlia vostra e la tratterà bene come si conviene ad un cristiano, e ad un uomo di onore, siatene certo. Se per altro la vostra figlia non troverà quell’affetto che merita e può bramare, e se que-