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mandante allora di tutte le armi pontificie, e gli raccomandai il fratello che voleva assumere il servizio come soldato comune, per dovere gli avvanzamenti suoi al merito solamente. Il mio eroismo e la mia filosofia infantile mi dipingevano come un assurdo chiedere o accettare un grado distinto prima di averlo meritato. Gaddi era uomo amabilissimo, non so se tanto da comandare in capo un’armata in campagna, ma certo cavaliere ornatissimo e onoratissimo. Concepì subito un’amicizia particolare per me, o forse ebbe compassione di due bambocci che andavano a sagrificarsi senza giudizio, e senza peccato. Si offerì di esser padre al mio fratello, ci condusse al segretario di Stato e ci usò attenzioni e cortesie molte. Mio fratello entrò nel corpo come semplice volontario, ma dopo quattro giorni ebbe un brevetto di secondo tenente, e dopo altri quattro giorni ebbe un altro brevetto di tenente in primo, e se egli ed io avessimo chiesto diventava maresciallo in cinque settimane. Tutto ciò si intende avendo egli 17 anni e 6 mesi, e non conoscendo un punto solo di quanto ci vuole per essere uffiziale o soldato.

Quei preparativi bellicosi facevano veramente pietà. Roma era piena di sbarbatelli coperti d’oro e di piume che si pavoneggiavano nelle strade e pensavano alla guerra come pensano all’apostolato i fanciulli che giuocano all’altarolo. Tutto si vedeva in lontano. Bologna era occupata; lo stato era sguarnito; dieci marce portavano l’inimico alla capitale, e Roma rideva sonnacchiosa e si teneva sicura da una invasione Francese come noi ci teniamo sicuri da una scorreria dei Persiani. Dopo pochi giorni abbracciato il fratello partii per occuparmi del mio matrimonio. Qui voglio dire che l’ottimo Gaddi mi è stato amico fino alla sua morte seguita l’anno 1823 al Porto di Fermo, e che il volontario mantenuto da me fu un