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del conte monaldo leopardi 53

tri.1 Con tutto ciò alcuni donarono di buona fede, altri per interesse, ed altri per ambizione di essere inscritti nella nota degli offerenti che si publicava con le stampe regolarmente. Il donatore più generoso fu il principe Colonna il quale armò sontuosamente un reggimento intiero a sue spese. Si disse costargli cento mila scudi. Non mancarono astuti i quali si fecero inscrivere nelle note e non pagarono, ma io troppo lontano per ogni titolo da questa sagacità sodisfeci bensì la ambizione mia puerile ma la pagai a prezzo di rigore.

Il mio fratello Vito, ragazzo di 17 anni, entusiasmato dal suono delle trombe guerriere volle aruolarsi, e la Madre nostra e i congiunti acconsentirono, un po’ perchè allora ogni galantuomo approvava quanto si faceva contro i Francesi, un po’ perchè si consideravano le cose lontane e non conoscevamo cosa fosse la guerra, e soprattutto perchè quei cari parenti non avevano cuore di controdirci. Risolvetti dunque di accompagnarlo a Roma, e partii con esso alli 3 di novembre. Colà offerii all’erario del Principe trecento scudi all’anno durante la guerra, e offerii di equipaggiare e mantenere a mie spese il fratello e un altro volontario in un corpo di cavalleria, che doveva chiamarsi distinta, e comporsi di persone di qualche rango, e venne effettivamente formata di cavalcanti e facchini. Pagai li scudi 300 anticipatamente, providdi due buoni cavalli, armai, equipaggiai, e mantenni il fratello e il volontario, e in premio di mille scudi almeno che questa ragazzata mi costò, venni descritto nella nota degli oblatori. In Roma due ragazzi senza guida e senza rapporti dovevano capitar male ma le cose andarono passabilmente. Mi presentai al conte Pietro Gaddi tenente generale e co-

  1. Teoria non sempre ammissibile, in ispecie quando il donativo torna a bene della religione e della cosa pubblica.