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del conte monaldo leopardi 49

più settimane a visitare il nuovo santuario. Là non ci erano aprimenti, e serramenti di occhi, ma si vedevano miracoli e grazie frequenti nelle persone inferme o storpie, e soprattutto si vedeva un buon curato, credo Gezzani, tanto ricco di Fede quanto povero di giudizio, il quale urlava come un ossesso, e faticava con le mani e coi piedi per persuadere altri e sè stesso che quei miracoli erano veri. Fui anche là e mi trovai presente alla guarigione istantanea di un nano storpio che gettò via entrambe le cruccie, e per compimento di grazia raccolse buona quantità di elemosina dagli spettatori devoti. Io stesso avevo veduto questo briccone domandare la carità in Pesaro rampando sulle stampelle, e poi lo avevo veduto, un miglio lungi da quella città, caminare speditamente con le stampelle sotto il braccio.

Un giorno in Recanati, ad alcuno che pregava nella chiesa di s. Domenico sembrò che aprisse gli occhi una immagine della B.ma Vergine stante in un altare situato alla parte dell’evangelo, e corsane la voce si adunò popolo grande in un momento. Passando io di là e sentendo che in quella chiesa si faceva un baccano indecente, comprai alcune candele, e suggerii a qualche Sacerdote di trattenere il popolo in orazione. A qualche ora della notte, restando la chiesa piena tuttora, io ci tornai, e alzandosi una voce, ecco il miracolo, e ripetendo moltissimi eccolo, eccolo, parve anche a me di vedere girarsi sensibilmente gli occhi di quella Immagine. Mi corse un brivido per tutte le membra, e provai quella sensazione che a mio credere avranno provata gli spettatori allorquando il Salvatore gridò, Lazzaro vieni fuori, e Lazzaro uscì vivo dal sepolcro. Poco appresso per altro, conobbi di avere sbagliato fino dal primo momento supponendo il miracolo nella icona o quadro maggiore dell’altare, laddove il po-