Pagina:Autobiografia di Monaldo Leopardi.pdf/56

42 autobiografia

conoscere la sposa e stipulare il contratto di nozze. Partii dunque secolui alli 5 di settembre, se non erro, e nel viaggio temendo forse non si vedessero da me le cose in quell’aspetto leggiadro in cui si erano vedute da lui, mi andò sempre predicando, e mi insinuò che i matrimonî debbono farsi con la testa non già col capriccio e col cuore; che le bellezze son passaggiere e le virtù consolano per tutta la vita; che una buona moglie è un tesoro, ed altre simili cose. Io gli davo ragione perchè inclinavo alla filosofia, ma nè egli nè io riflettevamo che anche la filosofia deve proporzionarsi all’età, che un volto non dispiacente è una filosofia persuadentissima per un giovane di vent’anni, e che un tratto poco geniale abbatte la forza di qualunque argomento più sodo. Arrivati a Bologna e preso alloggio alla villa di Londra, io smaniavo di conoscere la sposa, e volevo vederla in qualche modo cautelato sicchè essa non vedesse me, e restassi libero a dire «Mi piace o non mi piace» senza rispetti, ma non si volle contentarmi. Il marchese Zambeccari mi visitò all’albergo, e in due o tre colloqui si stabilì la dote di scudi ventimila, si convenne degli altri patti, e si concluse che alla terza o quarta matina dal mio arrivo si sarebbe fatta la conoscenza con tutta formalità, prendendo la cioccolata in casa del principe Lambertini. Fratanto venni introdotto in alquante case principali, e da tutti quei signori, credo parenti della Famiglia, ricevetti amicizie e attenzioni infinite. Giunta l’ora desiderata, e incaminandoci all’appuntamento, il conte Gatti rinforzò le sue prediche, e mi soggiunse di più non doversi in questi casi lasciare la brigata sospesa con tormento e noia di tutti; perciò se la sposa non mi spiaceva cavassi subito con disinvoltura il fazzoletto bianco dalla saccoccia, ed egli avrebbe pensato al resto. Con queste disposizioni arrivai al palazzo Lambertini in cui era